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Su che cosa posso io fare affidamento, in chi
posso io confidare? Soltanto nella grande
misericordia divina e nella speranza della
grazia celeste.
Persone amanti del bene, che mi stiano vicine,
devoti confratelli, amici fedeli, libri edificanti ed
eccellenti trattati, dolcezza di canti e di inni:
anche se avessi tutte queste cose, poco mi
aiuterebbero e avrebbero per me ben poco
sapore, quando io fossi abbandonato dalla
grazia e lasciato nella mia miseria.
Allora, il rimedio più efficace sta nel saper
attendere con pazienza, sprofondandosi nella
volontà di Dio. Non ho mai trovato un uomo che
avesse devozione e pietà tanto grandi da non
sentire talvolta venir meno la grazia o da non
avvertire un affievolimento del suo fervore.
Non ci fu mai un santo rapito così in alto e
così illuminato, da non subire, prima o poi,
la tentazione. Infatti, chi non è provato da
qualche tribolazione non è degno di una
profonda contemplazione di Dio.
Ché la tentazione di oggi è segno di una
divina consolazione di domani; la quale
viene, appunto, promessa a coloro che
sono stati provati dalla tentazione.
A colui che avrà vinto, dice, “concederò
di mangiare dell’albero della vita” (Ap 2,7).
In effetti, la consolazione divina viene data
affinché l’uomo sia più forte nel sostenere
le avversità; poi viene la tentazione, affinché
egli non si insuperbisca di quello stato di
consolazione.
Non dorme il diavolo, e la carne non è ancor
morta. Perciò non devi smettere mai di
prepararti alla lotta, perché da ogni parte ci
sono nemici, che non si danno riposo.